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Elena Bettinetti
 
       
       
       
 
   
Il diario e le lettere nella storia della sua vita

Lo specchio! Carnefice dei miei giorni, delle mie notti. Niente più ombra dove nascondersi, nessun rifugio dove ritirarsi, in balia della sofferenza, per piangere in silenzio. Ma d'un tratto,lì, sotto quello specchio opprimente, si fece imperiosa la voglia di disegnare. Disponevo di tempo, non più soltanto per tracciare linee, ma per infondere loro un senso, una forma, un contenuto. Per imparare mi servii di un modello: me.

Mi hanno chiesto molte volte il perché di questa mia fissazione sull'autoritratto. Anzitutto, non ebbi scelta, e credo sia la ragione essenziale di questa continuità dell'io-soggetto nella mia opera. Nel modo più accademico possibile feci di me la mia modella, il mio soggetto di studio. Mi impegnai.

Mio padre mi portò dei tubetti di colore e scivolai a poco a poco dal disegno alla pittura. Il colore mi divenne indispensabile. Fu una vera scoperta, una gioia assoluta. Il mondo si illuminava. Il mio tempo assumeva un'altra dimensione. L'arte ha bisogno di tempo. Per riflettere, per operare, per approfondire.

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